(Generoso Petrillo)

La nostra rubrica di Amarcord bianconero oggi ci porta alla rievocazione del meraviglioso decennio juventino di Marco Tardelli. Dal 1975 al 1985, il nostro amato centrocampista toscano ci ha fatto impazzire di gioia durante l’egemonia imperiale Trapattoniana, fino a sublimarsi nell’urlo da campione del mondo che condusse la nazionale italiana all’olimpo del calcio per la terza volta nel 1982 in Spagna.

Soprannominato “Tardellino” da mister Beazort a causa del suo fisico esile, alla Juventus veniva altresì chiamato affettuosamente “Schizzo”, poiché era la denominazione che gli aveva assegnato il mister granata Spinosi durante la sua annata al Torino. Carattere tosto e personalità dirompente, non sono mai mancati come elementi al nostro toscanaccio della Provincia di Lucca, precisamente Careggine, nello splendido habitat montano delle Alpi Apuane in Garfagnana, un piccolo borgo di 500 abitanti circa che gli diede i natali nel 1954. Cresciuto in una famiglia di modeste condizioni oltre che numerosa (era l’ultimo di quattro fratelli), Marco Tardelli contribuì all’economia del suo nucleo familiare lavorando come cameriere in quel di Pisa.

Destro di piede e fanatico di Gigi Riva a tal punto da imitarlo ed allenare solo il piede sinistro, Marco fatica ad emergere subito nelle grandi piazze, tanto da essere scartata ai provini da note società come Bologna, Fiorentina e Milan perché troppo gracile fisicamente. Strutturatosi calcisticamente nelle fila del San Martino, venne acquistato dal Pisa nel 1972 per 70,000 lire ed esordì in serie C con la prima squadra contro la Lucchese allo stadio Porta Elisa. Con la società nero azzurra rimane due anni collezionando 41 presenze e 4 reti. La sua seconda tappa fu il Como, piazza in cui conobbe la serie B e vi rimase fino al 1974, totalizzando 2 goal in 36 partite disputate.

La Juventus incombe nel 1975 sul giocatore con una tipica spedizione da raid Bonipertiano: Fraizzoli, dirigente dell’Inter, aveva offerto 750 milioni più Guida per portarlo a Milano e tutto sembrava fatto per il tesseramento di Tardelli in nero azzurro, ma alla fine la Juventus mise sul piatto 950 milioni proprio in chiusura di mercato e lo convinse ad optare per la società bianconera con un progetto che aveva poco da spiegare stando alla corazzata creatasi. Mai altra scelta fu più profetica, perché Tardelli con la Juventus vincerà tutto. Cinque campionati, due Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Coppa UEFA: un palmarès di tutto rispetto che ha reso Tardelli uno dei pochi giocatori al mondo ad aver conquistato tutti i trofei possibili almeno una volta, sia nazionali che internazionali.  Nell’estate 1985 passò ai rivali dell’Inter a causa di ruggini d’intesa con Trapattoni, il quale schierava Tardelli in una posizione in campo non a lui congeniale. Il trasferimento avvenne nella dinamica di scambio con Aldo Serena. Dopo due anni non esaltanti con i neroazzurri, lasciò Milano a causa del nuovo arrivo in panchina proprio di Trapattoni, con il quale il rapporto non era più particolarmente brillante. Tardelli chiuse la propria carriera agonistica nel 1987, accasandosi un anno in Svizzera al San Gallo.  In maglia bianconera, il centrocampista lucchese registrò 256 presenze e 34 reti, conquistandosi meritatamente l’intitolazione di una delle stelle da campione glorioso presso l’Allianz Stadium.

Come allenatore, Marco provò un’esperienza all’Inter nel 2001 non del tutto da ricordare anzi, decisamente tribolante, e affiancò proprio Trapattoni alla guida della Nazionale Irlandese. Finita in tempi brevi la carriera di allenatore, Tardelli compare spesso oggi come opinionista sportivo e telecronista rai.

Sulle abilità calcistiche di Tardelli, che dire: fantasia, corsa, boscaiolo nei momenti opportuni. Marco rappresentava degnamente tutte queste caratteristiche, in aggiunta al fiato immenso che gli permise di giocare tante partite anche da terzino.

Sarebbe impossibile infine, non associare l’immagine della nazionale campione del mondo in festa senza di lui, senza il famoso urlo che rappresentò e rappresenta ancora oggi un’intera nazione, tanto da annoverare alla memoria storica più il simbolismo dell’urlo in sé che del goal derivante. Grazie Tardelli per averci emozionato, grazie per essere diventato un’icona indiscussa sia del calcio che dei valori puliti che esso deve propinare.