TUTTI GLI UOMINI DELLA SIGNORA. FERNANDO VIOLA (di Massimiliano Fantasia).
Il 5 febbraio del 2004,per le conseguenze di un tragico incidente, moriva a quasi 50 anni Fernando Viola.Era nato a Torrazza Piemonte in provincia di Torino il 14/03/1954, terminata la carriera aveva scelto di rimanere a vivere a Roma,città della moglie, conosciuta durante il periodo in cui giocò per la Lazio, La coppia gestiva una piccola agenzia di assicurazioni in viale Parioli,il quartiere dove Fernando aveva scelto di vivere con la moglie e i figli che, all’epoca, avevano 14 e 15 anni. Viola, centrocampista a tutto tondo, cresciuto nel vivaio della Juve, si trovava a bordo del suo ciclomotore mentre percorreva viale Parioli in direzione dì Cso Francia a velocità sostenuta quando ad un tratto un’ automobile che percorreva il viale in senso opposto, nel fare un inversione di marcia ,lo travolse facendolo cadere violentemente sull asfalto.La morte fu quasi istantanea non tanto per la violenza dell’ impatto quanto perché, destino ha voluto che cadendo,si sia tagliato la gola colpendo il parabrezza.Di lui restano i ricordi delle prodezze in campo, ma anche il suo essere un giocatore atipico, un gentiluomo: dalla Juve di ‘Cesto’ Vyckpalek, lo zio di Zeman, fino alla Lazio. Proprio l’allenatore ceco lo fece esordire in bianconero, il 12 marzo 1972, durante un Juventus-Bologna, vinta 2-1 dai bianconeri. Viola venne gettato nella mischia per sostituire il ‘Barone’ Causio, a sua volta erede del ‘panzer’ Helmut Haller. Qualche settimana dopo, in seguito a un digiuno di alcuni anni, i bianconeri riconquistano lo scudetto. L’apporto di Nando Viola è minimo, ma essenziale. Giocatore di talento, dotato di buona tecnica, fantasia e uno straordinario dinamismo, Viola è stato un antesignano del centrocampista moderno. Uomo di calcio, ma anche di lettere e di cultura. Il calcio ai massimi livelli, infatti, non gli impedì di coltivare la passione per gli studi: riuscì a laurearsi in lingue e fu uno dei primi nella storia del calcio italiano a diventare dottore. Dopo la Juve, il prestito in B a Mantova, quindi il ritorno alla casa madre dove vide muovere i primi passi ad un giovanissimo Paolo Rossi appena arrivato dal Santa Lucia, poi il Cagliari, la Lazio, il Bologna, fino ad indossare per quattro stagioni la casacca biancoceleste della Lazio prima di trasferirsi nel Genoa di Renzo Fossati dove conoscerà e giocherà al fianco di calciatori del calibro di Massimo Briaschi,Silvano Martina,Claudio Onofri e René Van der eyken quindi inizio la parabola discendente che visse serenamente,dapprima con il trasferimento al Barletta,per chiudere infine a Subiaco, la squadra del paese di Ciccio Graziani
Il 5 febbraio del 2004,per le conseguenze di un tragico incidente, moriva a quasi 50 anni Fernando Viola.Era nato a Torrazza Piemonte in provincia di Torino il 14/03/1954, terminata la carriera aveva scelto di rimanere a vivere a Roma,città della moglie, conosciuta durante il periodo in cui giocò per la Lazio, La coppia gestiva una piccola agenzia di assicurazioni in viale Parioli,il quartiere dove Fernando aveva scelto di vivere con la moglie e i figli che, all’epoca, avevano 14 e 15 anni. Viola, centrocampista a tutto tondo, cresciuto nel vivaio della Juve, si trovava a bordo del suo ciclomotore mentre percorreva viale Parioli in direzione dì Cso Francia a velocità sostenuta quando ad un tratto un’ automobile che percorreva il viale in senso opposto, nel fare un inversione di marcia ,lo travolse facendolo cadere violentemente sull asfalto.La morte fu quasi istantanea non tanto per la violenza dell’ impatto quanto perché, destino ha voluto che cadendo,si sia tagliato la gola colpendo il parabrezza.Di lui restano i ricordi delle prodezze in campo, ma anche il suo essere un giocatore atipico, un gentiluomo: dalla Juve di ‘Cesto’ Vyckpalek, lo zio di Zeman, fino alla Lazio. Proprio l’allenatore ceco lo fece esordire in bianconero, il 12 marzo 1972, durante un Juventus-Bologna, vinta 2-1 dai bianconeri. Viola venne gettato nella mischia per sostituire il ‘Barone’ Causio, a sua volta erede del ‘panzer’ Helmut Haller. Qualche settimana dopo, in seguito a un digiuno di alcuni anni, i bianconeri riconquistano lo scudetto. L’apporto di Nando Viola è minimo, ma essenziale. Giocatore di talento, dotato di buona tecnica, fantasia e uno straordinario dinamismo, Viola è stato un antesignano del centrocampista moderno. Uomo di calcio, ma anche di lettere e di cultura. Il calcio ai massimi livelli, infatti, non gli impedì di coltivare la passione per gli studi: riuscì a laurearsi in lingue e fu uno dei primi nella storia del calcio italiano a diventare dottore. Dopo la Juve, il prestito in B a Mantova, quindi il ritorno alla casa madre dove vide muovere i primi passi ad un giovanissimo Paolo Rossi appena arrivato dal Santa Lucia, poi il Cagliari, la Lazio, il Bologna, fino ad indossare per quattro stagioni la casacca biancoceleste della Lazio prima di trasferirsi nel Genoa di Renzo Fossati dove conoscerà e giocherà al fianco di calciatori del calibro di Massimo Briaschi,Silvano Martina,Claudio Onofri e René Van der eyken quindi inizio la parabola discendente che visse serenamente,dapprima con il trasferimento al Barletta,per chiudere infine a Subiaco, la squadra del paese di Ciccio Graziani
È stato un attimo.In pochi secondi ,neanche il tempo di rendersene conto,che la sua vita era stata spazzata via in un mondo a dir poco tragico.L’auto gli si è parata davanti, lo scooter ha frenato ma è stato tutto inutile,l impatto , è stato violento, Fernando Viola è stato ucciso dal parabrezza della sua moto. Da piazza Ungheria, Nando si stava dirigendo, lungo viale Parioli, verso piazza Santiago del Cile. Nell’altra corsia e in senso opposto viaggiava una Volvo chiara guidata da un piccolo imprenditore di 41 anni. Poco prima del bar Cigno, davanti all’istituto San Gabriele, la Volvo svolta a sinistra all’altezza di un passo carrabile. L’ex calciatore frena, la moto scivola per più di dieci metri fino all’impatto con l’auto.Il botto è stato assordante, ha raccontato Antonio Bo, il portiere dei palazzi ai numeri 12 e 14 che per primo ha provato a soccorrere l ex Centrocampista .Viola era sdraiato a faccia in giù, immobile. E il sangue continuava a uscire, nessuno ,fino all’ intervento della Croce sapeva cosa fare. Tutti sono rimasti paralizzati dallo choc. Qualcuno ha cercato un medico, ma nessuno ha potuto aiutare quell’ uomo che stava morendo sotto gli occhi della gente .Non restava che aspettare l’ambulanza, che però è arrivata solo dopo un bel po’. Nando Viola aveva il casco, ma non è servito. È morto dissanguato appena arrivato al Policlinico.
L’investitore? È immediatamente sceso dalla macchina, ha cercato di aiutare l’uomo ferito. Ma anche lui non sapeva cosa fare. Era disperato, piangeva e urlava.Viale Parioli è da sempre un inferno, commercianti e residenti da anni denunciano si corra troppo.
L’investitore? È immediatamente sceso dalla macchina, ha cercato di aiutare l’uomo ferito. Ma anche lui non sapeva cosa fare. Era disperato, piangeva e urlava.Viale Parioli è da sempre un inferno, commercianti e residenti da anni denunciano si corra troppo.
Alle sette di sera, quando la notizia della morte di Viola ha cominciato a diffondersi, è iniziato il pellegrinaggio dei tifosi e dei tanti curiosi arrivati da ogni quartiere anche solo per poter dare un occhiata. …..
Da campione d’Italia a pellegrino del calcio: subito dopo lo scudetto la serie B con il Mantova, ancora due stagioni in bianconero, poi come detto Cagliari, Lazio, Bologna e infine quattro anni in biancoceleste, dove si distingue per presenze e gol soprattutto quando la Lazio finisce in serie B,prima di rimettersi in discussione nel Genoa. Al Mantova retrocedette, in Serie C, dopo avere segnato le prime due reti, da professionista. Un gol lo realizzò anche alla Juve, in totale furono 21 presenze spalmate in tre stagioni. Tre le reti al Cagliari, dove visse un’altra retrocessione, con Luisito Suarez e poi Mario Tiddia in panchina, nel ’75-’76, risultando peraltro il più presente in una squadra che aveva solo Comunardo Niccolai, Giuseppe Tomasini, Nenè e Gigi Riva, della squadra che vince il campionato nel 1970.
Anche alla Lazio Viola arrivò poco dopo il primo scudetto, due anni dopo. Giocò 19 gare e contribuì al quinto posto, valso la qualificazione Uefa, con Vinicio in panchina.
Nell’80, fu inizialmente coinvolto nello scandalo del Totonero, risultava fra i 27 indagati, uscì pulito, senza squalifiche, come giocatore, e seguì i biancocelesti retrocessi d’ufficio in serie cadetta, restando altre due annate, per un totale di 10 reti. Risalì in A con il Genoa e anche lì, alla seconda stagione, retrocedette con una squadra che avrebbe dovuto avere ben altra classifica… Martina Romano,Testoni,Corti,Faccenda, Onofri,Van der reyken Peters,Antonelli,Viola, Briaschi..
Termina fra i professionisti a Barletta, scendendo in C1, con altre tre reti. Allenatore era il compianto Mario Facco, fra i compagni aveva Guido Angelozzi, il ds della storica Serie A dello Spezia, ora al Frosinone.
Viola era sempre allegro, sul campo e fuori. I tifosi laziali lo avevano preso ad amare, malgrado fosse un torinese. Quando parlava, con la sua calata pareva un nobile fra poveri plebei. Nella Lazio si era subito adattato, ne aveva preso lo spirito, aveva capito l’umiltà di battersi per certi traguardi minimi che non erano più lo scudetto, ormai un ricordo, ma addirittura la salvezza e poi anche la serie B. Erano anni duri per chi tifava biancoceleste, perché sull’altra sponda la Roma impazzava, aveva cominciato un ciclo vincente, mentre in casa laziale i presidenti si succedevano senza trovare uno sbocco a una crisi che era in parte tecnica e molto economica. Da Aldo Lenzini, fratello di Umberto, a Gian Casoni fino a Giorgio Chinaglia, la società non trovava pace in campo e fuori: lui, Nando restava però un riferimento, pronto a scherzare con i giornalisti al Maestrelli dove allora la Lazio si allenava. Era un ottimista nato, non si abbatteva mai e si fermava spesso all’uscita dal campo a parlare con i tifosi, firmando autografi, discutendo, spiegando e giustificando una sconfitta o magnificando una vittoria. Era una mezzala talentuosa, ottimi piedi e anche buono nel gioco aereo malgrado la statura non eccelsa. Adesso lo avrebbero definito un regista rifinitore, allora era un centrocampista che aveva un buon tiro anche se di gol nei suoi 14 anni di carriera ne aveva messi a segno 20. Si stabilì a Roma e si sposò. Faceva l’assicuratore e nelle ultime stagioni lavorava al Lloyd Adriatico. Sempre tifoso laziale, ne parlava come una cosa sua. Aveva festeggiato il secondo scudetto, dicendo che la società era destinata a un grande avvenire. Lo diceva e gli brillavano gli occhi, forse ricordando i tempi grami che lui aveva passato, con stipendi che non arrivavano e dirigenti storici come Gabriella Grassi e Felice Pulici a cercare di far quadrare le situazioni.
Con Viola continua la serie di lutti che ha colpito la squadra negli anni dopo lo scudetto del 1974. A dicembre ’76 morì Maestrelli. Un mese dopo, gennaio 1977, morì Re Cecconi. Era la Lazio del dopo scudetto, Fernando Viola ne aveva vinti già due con la Juventus. Il presidente era Lenzini, il medico Ziaco, l’accompagnatore Bezzi. Lazio sciagurata, segnata da un destino tragico. Tutti morti.In seguito ci lascerà anche Giorgio Chinaglia che stava tentando di rientrare nel mondo del calcio guidando una cordata interessata all acquisto del Foggia.Viola era avvocato, specializzato in infortunistica stradale. Arrivava ai Parioli sul suo scooterone Suzuki “Burgman 400”, doveva correre a Frosinone per il funerale di un’amica di famiglia, Pina, morta di ictus. A Frosinone l’aspettava già la moglie Patrizia. Velocità sostenuta, ma la strada era sgombra. Viola ha frenato, ci sono i segni per terra, 9-10 metri, ma non è riuscito a evitare l’impatto. Ha urtato il fanale anteriore destro della Volvo ed è rovinato in terra, a faccia avanti, perdendo moltissimo sangue. Centrocampista di fantasia, sostituì Mario Frustalupi, il regista dello scudetto. Morto nel 1990 anche lui in un incidente stradale.Ci rimarrà il ricordo di un ragazzo splendido con la passione per il calcio,che ha avuto la fortuna di aver vissuto da protagonista gli anni piu ‘belli del calcio italiano,oggi forse con tutti gli stranieri molti talenti come il suo rimangono oppressi e sono tanti i giovani che per questo motivo devono rinunciare ai loro sogni.Nando ci ha creduto fino in fondo e alla fine ce l ha fatta.Ma la vita si sa non sempre è giusta con tutti ,ciao Nando.
Da campione d’Italia a pellegrino del calcio: subito dopo lo scudetto la serie B con il Mantova, ancora due stagioni in bianconero, poi come detto Cagliari, Lazio, Bologna e infine quattro anni in biancoceleste, dove si distingue per presenze e gol soprattutto quando la Lazio finisce in serie B,prima di rimettersi in discussione nel Genoa. Al Mantova retrocedette, in Serie C, dopo avere segnato le prime due reti, da professionista. Un gol lo realizzò anche alla Juve, in totale furono 21 presenze spalmate in tre stagioni. Tre le reti al Cagliari, dove visse un’altra retrocessione, con Luisito Suarez e poi Mario Tiddia in panchina, nel ’75-’76, risultando peraltro il più presente in una squadra che aveva solo Comunardo Niccolai, Giuseppe Tomasini, Nenè e Gigi Riva, della squadra che vince il campionato nel 1970.
Anche alla Lazio Viola arrivò poco dopo il primo scudetto, due anni dopo. Giocò 19 gare e contribuì al quinto posto, valso la qualificazione Uefa, con Vinicio in panchina.
Nell’80, fu inizialmente coinvolto nello scandalo del Totonero, risultava fra i 27 indagati, uscì pulito, senza squalifiche, come giocatore, e seguì i biancocelesti retrocessi d’ufficio in serie cadetta, restando altre due annate, per un totale di 10 reti. Risalì in A con il Genoa e anche lì, alla seconda stagione, retrocedette con una squadra che avrebbe dovuto avere ben altra classifica… Martina Romano,Testoni,Corti,Faccenda,
Termina fra i professionisti a Barletta, scendendo in C1, con altre tre reti. Allenatore era il compianto Mario Facco, fra i compagni aveva Guido Angelozzi, il ds della storica Serie A dello Spezia, ora al Frosinone.
Viola era sempre allegro, sul campo e fuori. I tifosi laziali lo avevano preso ad amare, malgrado fosse un torinese. Quando parlava, con la sua calata pareva un nobile fra poveri plebei. Nella Lazio si era subito adattato, ne aveva preso lo spirito, aveva capito l’umiltà di battersi per certi traguardi minimi che non erano più lo scudetto, ormai un ricordo, ma addirittura la salvezza e poi anche la serie B. Erano anni duri per chi tifava biancoceleste, perché sull’altra sponda la Roma impazzava, aveva cominciato un ciclo vincente, mentre in casa laziale i presidenti si succedevano senza trovare uno sbocco a una crisi che era in parte tecnica e molto economica. Da Aldo Lenzini, fratello di Umberto, a Gian Casoni fino a Giorgio Chinaglia, la società non trovava pace in campo e fuori: lui, Nando restava però un riferimento, pronto a scherzare con i giornalisti al Maestrelli dove allora la Lazio si allenava. Era un ottimista nato, non si abbatteva mai e si fermava spesso all’uscita dal campo a parlare con i tifosi, firmando autografi, discutendo, spiegando e giustificando una sconfitta o magnificando una vittoria. Era una mezzala talentuosa, ottimi piedi e anche buono nel gioco aereo malgrado la statura non eccelsa. Adesso lo avrebbero definito un regista rifinitore, allora era un centrocampista che aveva un buon tiro anche se di gol nei suoi 14 anni di carriera ne aveva messi a segno 20. Si stabilì a Roma e si sposò. Faceva l’assicuratore e nelle ultime stagioni lavorava al Lloyd Adriatico. Sempre tifoso laziale, ne parlava come una cosa sua. Aveva festeggiato il secondo scudetto, dicendo che la società era destinata a un grande avvenire. Lo diceva e gli brillavano gli occhi, forse ricordando i tempi grami che lui aveva passato, con stipendi che non arrivavano e dirigenti storici come Gabriella Grassi e Felice Pulici a cercare di far quadrare le situazioni.
Con Viola continua la serie di lutti che ha colpito la squadra negli anni dopo lo scudetto del 1974. A dicembre ’76 morì Maestrelli. Un mese dopo, gennaio 1977, morì Re Cecconi. Era la Lazio del dopo scudetto, Fernando Viola ne aveva vinti già due con la Juventus. Il presidente era Lenzini, il medico Ziaco, l’accompagnatore Bezzi. Lazio sciagurata, segnata da un destino tragico. Tutti morti.In seguito ci lascerà anche Giorgio Chinaglia che stava tentando di rientrare nel mondo del calcio guidando una cordata interessata all acquisto del Foggia.Viola era avvocato, specializzato in infortunistica stradale. Arrivava ai Parioli sul suo scooterone Suzuki “Burgman 400”, doveva correre a Frosinone per il funerale di un’amica di famiglia, Pina, morta di ictus. A Frosinone l’aspettava già la moglie Patrizia. Velocità sostenuta, ma la strada era sgombra. Viola ha frenato, ci sono i segni per terra, 9-10 metri, ma non è riuscito a evitare l’impatto. Ha urtato il fanale anteriore destro della Volvo ed è rovinato in terra, a faccia avanti, perdendo moltissimo sangue. Centrocampista di fantasia, sostituì Mario Frustalupi, il regista dello scudetto. Morto nel 1990 anche lui in un incidente stradale.Ci rimarrà il ricordo di un ragazzo splendido con la passione per il calcio,che ha avuto la fortuna di aver vissuto da protagonista gli anni piu ‘belli del calcio italiano,oggi forse con tutti gli stranieri molti talenti come il suo rimangono oppressi e sono tanti i giovani che per questo motivo devono rinunciare ai loro sogni.Nando ci ha creduto fino in fondo e alla fine ce l ha fatta.Ma la vita si sa non sempre è giusta con tutti ,ciao Nando.