Nel campionato del “vado avanti io, no vai avanti tu, prego si accomodi!”, la Juventus si conferma per la nona volta consecutiva Regina della penisola.
La Vecchia Signora recita TRENTOTTO.
Lo fa al termine del gran premio con il pit stop più lungo della storia del calcio, in condizioni climatiche, fisiche e mentali più uniche che rare.

Alla tavola dello scudetto avevano prenotato il proprio posto diversi commensali poi non pervenuti. Le sedie sono rimaste vuote.
L’aquilotto laziale ha gustato il finger food della Supercoppa Italiana, il Napoli, un po’ imbucatosi all’ultimo minuto alla festa, ha scippato l’antipasto con scaltrezza; al momento del primo, in verità ormai già freddo, a tavola c’era solo la Juventus.
Una Vecchia Signora dal look un po’ casual, né elegante né sportiva, un po’ come una qualsiasi polo blu (si spera non sempre la stessa), che doveva gustarsi il trentottesimo a base di aragosta, caviale e champagne, ma che si è trovata a masticare pasta e patate, pollo arrosto e poi tante bollicine, ma di acqua frizzante.
Anche se la pasta era ormai fredda e la carne un po’ cruda, l’importante è aver mangiato tutto e fare una buona digestione, possibilmente senza rutto. E’ pur sempre una Signora.
Commensali mancati dicevamo. Chi non si è prenotato (Napoli), chi è arrivato troppo tardi e senza invito (Atalanta), chi è andato via troppo presto (Lazio), chi ha sbagliato il giorno (Inter), ma lì la colpa sarà stata del calendario. Eppure il ristorante è parso da dieci euro.

L’auto, di cilindrata superiore alle altre partecipanti al Gran Premio d’Italia, ha tagliato il traguardo senza dover spingere il piede sull’acceleratore, ma anzi concedendosi il lusso di qualche uscita di pista poi rivelatasi indolore. Il relativo pilota può salire per la sua prima volta sul gradino più alto del podio pur senza sentire come propria quella vettura dai meccanismi non bene oliati, senza averne avuto il pieno controllo, ma dovendole dire un grosso grazie e baciarne il motore. Accettarlo e assecondarlo è comunque anch’esso un merito.

Per qualcuno quel che conta è il risultato. Per altri ‘l modo ancor m’offende.
Quest’ultimi, visto che i modi tardavano ad arrivare, si dicevano persino pronti al digiuno: “un anno si può stare digiuni, se si ha la pancia piena”, asserivano; perchè poi si mangerà a base di aragosta, caviale e champagne. Caduti per terra i piattini con finger food e antipasto, però, hanno avuto fame anche loro; allora sono andati benissimo la pasta e patate, il pollo arrosto e l’acqua frizzante. Purché si mangi, va bene anche un fast food!
Se hai più fame degli altri, quando ti siedi a tavola, banalmente mangi di più. Anche se hai meno fame del solito, ma gli altri non ne hanno, mangi comunque più di loro.
Forse a furia di trascorre intere annate rachitiche, gli altri hanno dimenticato cosa sia la vera fame, tanto da accontentarsi di qualche briciola sparsa qua e là.
Così alla Signora non è servito correre per accaparrarsi il posto migliore a tavola, ma ha fatto tutto con molto comodo, con andamento anziano.

Ma si sa, cambiano i piloti, le auto, i meccanici, resta la scuderia. Si tifa per quella. Si tifa per quel connubio unico di colori, il bianco e il nero, che hanno scritto, scrivono e scriveranno la storia. Perchè si sa, verba volant, scripta manent. E la HISTORIA si scrive NERO su BIANCO.

Nove volte di fila. Più di tremila giorni consecutivi da campioni d’Italia. TRENTOTTO.
Firmato Juventus.

Avv. Domenico Quarracino