Non c’è niente da fare: ogni volta che la Juventus disputa un incontro al “Friuli” di Udine (oggi “Dacia Arena”), la mente dei tifosi viaggia a ritroso nel tempo, per approdare al 5 maggio di quindici anni fa. Era il 2002, era la Juventus di Marcello Lippi. Era la Juventus reduce da due secondi posti consecutivi in campionato e dalla beffa di Perugia (dove, sotto il diluvio universale e su un campo impraticabile, i bianconeri videro svanire il tricolore 1999/2000 a causa di una rete di Calori).
Quel giorno, i piemontesi erano di scena proprio a Udine per l’ultima giornata di Serie A, mentre l’Inter, capolista del torneo, si giocava lo scudetto allo stadio Olimpico di Roma contro la Lazio. Pronti-via ed è subito David Trezeguet a gonfiare la rete, facendo esplodere di gioia i numerosi supporters accalcati sulle gradinate friulane. Nove minuti più tardi, è capitan Del Piero a siglare il raddoppio e a mandare virtualmente in archivio la sfida: ora, la mente e le orecchie di tutti sono rivolte verso la Capitale, da dove, però, giunge immediatamente la notizia del goal di Christian Vieri, per la soddisfazione dei sostenitori nerazzurri.
Passano 8 minuti e i biancocelesti riacciuffano la parità grazie a Karel Poborský, ma è un’esultanza effimera: 360 secondi più tardi, è Luigi Di Biagio, l’uomo del rigore fallito ai Mondiali di Francia ’98, a restituire il vantaggio agli uomini di Cúper e a far presagire una nuova delusione al popolo zebrato.
Proprio pochi istanti prima della fine del primo tempo, però, è ancora Poborský a trafiggere Toldo e a tenere viva la fiammella della speranza nel cuore degli juventini di tutt’Italia. Una fiammella che nella ripresa divampa e assume le dimensioni di un incendio: prima Diego Pablo Simeone, poi Simone Inzaghi, che oggi allenano con successo Atlético Madrid e Lazio, assestano una spallata mortifera alla compagine meneghina, che non trova la forza di reagire e crolla al cospetto degli avversari di giornata.
Nel frattempo, Udinese-Juventus non interessa più a nessuno: Buffon e compagni si rivolgono costantemente alla panchina per ricevere aggiornamenti e i boati sugli spalti sono la conferma più dolce di un sogno che alla vigilia pareva sconfinare nell’utopia e che invece è ormai incredibilmente prossimo a materializzarsi. Rodomonti sancisce la fine delle ostilità, a Roma si gioca ancora, ma il triplice fischio di Paparesta non tarda ad arrivare: è tutto vero, la Juventus conquista il suo ventiseiesimo titolo nazionale, e lo fa nel modo più sorprendente e meno scontato che possa esistere.
I tifosi bianconeri invadono il manto erboso per concedersi un abbraccio collettivo con la squadra, mentre a Torino le vie del centro si popolano di sciarpe, trombette e bandieroni. La Juve è di nuovo, sul tetto d’Italia, dove da sempre merita di stare.