Era la prima Juventus di Andrea Agnelli, Beppe Marotta e Fabio Paratici. Era una Juventus reduce dal settimo posto ottenuto da Ciro Ferrara e Alberto Zaccheroni, con quest’ultimo subentrato all’allenatore campano dopo un filotto di risultati tutt’altro che lusinghiero. Era una Juventus che ambiva a tornare fra le grandi d’Italia, dopo la discesa forzata agli inferi del campionato cadetto e l’immediata risalita in A.

La nuova dirigenza decise che, per svoltare, era necessario un tecnico d’esperienza, abituato ai miracoli e alle resurrezioni: fu così che a Torino sbarcò Luigi Delneri, l’artefice della qualificazione ai preliminari di Champions League di una Sampdoria inenarrabile, capace di ritornare in Europa a poco meno di vent’anni di distanza dalla finale di Wembley grazie a una rosa operaia, che annoverava tra i suoi punti di forza il fiuto del goal di Giampaolo Pazzini, la classe di Antonio Cassano, la reattività tra i pali di Marco Storari e il moto perpetuo di Reto Ziegler.

Il tecnico di Aquileia, che domenica pomeriggio guiderà la sua Udinese contro i campioni d’Italia, mise la propria firma in calce a un contratto biennale con la “Vecchia Signora”, siglato il 19 maggio 2010, e attuò una mini-rivoluzione nello spogliatoio bianconero; durante la sessione estiva di calciomercato, infatti, salutarono la truppa due bandiere del calibro di Trezeguet e Camoranesi, oltre ai “flop” Tiago, Almirón, Poulsen, Diego, Molinaro e Cannavaro (la sua seconda esperienza in Piemonte fu nettamente al di sotto delle aspettative).

In entrata, la Juve abbracciò Storari, Bonucci, Rinaudo, Marco Motta, Armand Traoré, Aquilani, Krasić, Martínez, Simone Pepe, Quagliarella e Pasquato (di ritorno dal prestito alla Triestina).

La stagione non iniziò sotto una buona stella: nelle prime quattro giornate di campionato, la Juve perse a Bari e in casa contro il Palermo, pareggiò 3-3 contro la Sampdoria ed espugnò il Friuli di Udine. Il cammino zebrato proseguì con un andamento altalenante, fra vittorie e pareggi, e al giro di boa natalizio la compagine sabauda si trovò al quarto posto in graduatoria e fuori dall’Europa League, dove aveva collezionato 6 pareggi consecutivi, l’ultimo dei quali a giochi fatti contro il Manchester City, con rete del baby Giannetti, oggi allo Spezia in prestito dal Cagliari.

Il 6 gennaio 2011, giorno della Befana, rappresentò il punto di svolta (in negativo) dell’annata bianconera: il Parma vinse 4-1 a Torino, complice l’espulsione per fallo violento di Felipe Melo e il grave infortunio occorso a Fabio Quagliarella, che costrinse il bomber partenopeo a salutare il calcio giocato sino al torneo successivo.

Di lì, il tracollo fu immediato: la Juventus fu sconfitta da Napoli, Udinese, Palermo, Lecce, Bologna, Milan e Parma, uscì dalla Coppa Italia ai quarti di finale per mano della Roma e vide sfumare la possibilità di qualificarsi per l’edizione 2011/2012 della Champions League. Non solo: in virtù dei pareggi di fine stagione contro Chievo e Napoli e del ko di Parma, Buffon e compagni non riuscirono neppure a salire sul treno dell’Europa League, in quanto il Palermo, ottavo in classifica dietro i bianconeri, raggiunse la finale di Coppa Italia, persa poi contro l’Inter.

Di fronte a un nuovo settimo posto, nel maggio 2011 Delneri fu sollevato dall’incarico e sostituito da Antonio Conte, simbolo di juventinità, che rivoluzionò per l’ennesima volta la rosa di “Madama” e diede il via a un’epopea di trionfi senza fine. Ma questa è un’altra storia.