Ohibò. Anche la Juventus, nonostante l’avanguardismo che caratterizza la dimensione di un’azienda con legittime e fondate pretese di espansione planetaria, è inciampata nella provinciale tentazione d’indulgere in riti apotropaici, preferendo annullare la “festa scudetto” che, salvo cataclismi epocali, sarebbe dovuta andare in scena a seguito della gara con il pur rispettabile Crotone.

Posto che i festeggiamenti avrebbero potuto comprendere anche la soddisfazione per la storica conquista della terza Tim Cup consecutiva, di cui pare fregar qualcosa a pochissimi, tant’è che la massima trasgressione di cui si è avuta notizia si è tradotta nel ripudio dell’acqua minerale naturale in favore di quella frizzante, l’atto di resa alla scaramanzia, o comunque alle infondate suggestioni su cui poggia la superstizione popolare, azzera e ridicolizza, una volta ancora, l’ennesima e non certamente l’ultima, quella parte di tifoseria che, per misteri più insondabili della transustanziazione, si arroga il diritto di stabilire chi possa o meno essere ospitato sul fantomatico carro dei vincitori.

Ammesso che per la proprietà transitiva lo si possa identificare in un pullman scoperto, in ordine a quel mezzo, su cui, nessun “vero” tifoso, di quelli che rilasciano patenti con disinvoltura addirittura superiore a quella spesa per concimare d’ignoranza i mezzi di comunicazione, ha mai messo piede, è ormai addirittura invalsa la tradizione di negarne una seppur fugace visione a seguito dei successi maturati nel cortiletto peninsulare.

Le due settimane che separano la domenica della leggenda dalla notte di Cardiff avrebbero tranquillamente consentito, a scanso di ogni possibile controindicazione, il bagnetto di folla anelato da un popolo zebrato desideroso di purificarsi, in massa, da tutto il mefitico liquame piovutogli addosso anche nella corrente annata agonistica.

Il “contentino” sarà probabilmente elargito qualora il “Coppone” dovesse tingersi di bianconero. Va da sé che, ovviamente per ben altre ragioni, lo si spera ardentemente.

Cionondimeno, sarebbe opportuno che quanti, del tutto irragionevolmente, nutrono l’errata convinzione di “essere” la Juve, i “Tavernicoli”, riflettessero o almeno tentassero, giacché, presso i “veri” legittimati a tale affermazione, godono la stessa considerazione che si riserva ai clienti, cioè la fascia di fruizione meno nobile dell’utenza.

Valga all’uopo e ulteriore riprova, la poco commendevole gestione dei biglietti praticata nei confronti di chi, in Galles, avrebbe voluto esserci.

Meditate, gente, meditate.

Augh.

Ezio MALETTO