Cavour, gobbo precursore

La politica delle scuse è il tentativo di attribuire il motivo di una sconfitta a qualcosa che non dipende da noi. E’, in sostanza, la cultura dell’alibi. Si scarica puntualmente e ripetutamente la colpa sugli altri. Arbitri, terreno di gioco, il tempo avverso, l’umidità, la penombra, il pubblico, i troppi impegni, gli infortuni, la stanchezza, l’esperienza, il fatturato, la cattiva sorte, i mass media, il Nord contro il Sud, i Savoia. Da ultimo, è stato scomodato perfino quel gobbo precursore di Camillo Benso, Conte di Cavour  (Torino 10 agosto 1810 – Torino 6 giugno 1861). Juventino, a questo punto, prima della nascita.

Pare, però, che via sia una leggenda secondo cui lo stesso sarebbe l’Adamo di tutti i gobbi. Evidentemente di recente si è fatto riferimento proprio a tale racconto.

Nato nel 1810 nella Torino napoleonica da Michele  Benso di Cavour e Adele de Sellon, fu cresciuto da famiglia aristocratica. Dal 1834 cominciò a viaggiare all’estero e l’anno successivo arrivò a Londra, dove fu subito colpito da quello che era ancora un  dribbling-game, gioco del calcio non ben definito. Il suo intuito, però, gli fece immediatamente comprendere il potenziale di quello che sarebbe poi diventato l’attuale giuoco del calcio. Pensò, quindi, di istituire una squadra segreta, formata da giovani atleti, cui diede il nome di Juventus. Quest’ultima, però, avrebbe fatto la sua pubblica comparsa solo successivamente, una volta ottenuto il giusto potere e controllo sul suolo italico. Pensò bene che, innanzitutto, sarebbe stato necessario avere in pugno l’informazione; da qui il suo impegno costante nella Gazzetta della Associazione agraria, poi dal 1896 Gazzetta dello Sport. Cavour scrisse in un documento segreto, che si narra custodito da qualche parte nella Mole Antonelliana, quello che sarebbe stato il calcio in Italia a partire dal 1897, anno in cui sarebbe ufficialmente nata la Juventus, fondata in realtà da suoi discendenti diretti.

Per non destare sospetti, la squadra avrebbe inizialmente avuto le tinte sociali dei colori rosa e nero,  colori sportivi del liceo in cui avrebbero studiato i fondatori ufficiali e primi soci del club. Solo tre anni dopo, per un evento fatto passare volutamente come casuale, i colori sarebbero cambiati in bianco e nero, simboli del bene e del male. Anche la cadenza dei titoli che la squadra avrebbe vinto era in realtà preordinata. Il suolo italico era pienamente sotto controllo, vi sarebbe stato un netto predominio delle squadre del Nord. L’unità d’Italia era solo apparente. Il Sud sarebbe stato relegato ad un ruolo di comparsa, con sporadici trionfi aventi cadenza cinquantennale. Vi sarebbe stato un periodo in cui la Gazzetta si sarebbe scagliata duramente contro la Juventus, proprio per proteggere il suo controllo occulto da parte di quest’ultima, ma al momento opportuno sarebbe stato sempre ristabilito il giusto ordine, soprattutto verso l’altra Italia. Chiunque avesse scoperto il segreto, avrebbe subito l’ostracismo da parte di tutti i mezzi d’informazione, arbitri e tifosi. Pare che le disposizioni del buon Camillo Benso, arrivino fino al 2097, ma ovviamente i suoi discendenti continueranno la volontà del gobbo precursore.

Così, infatti, in calce al documento di Cavour: “Juventus, in omne tempus”. Cavour, la Juventus, l’Italia. Questa è la leggenda del gobbo precursore.

 

Avv. Domenico Quarracino