Vincere al Peppino Meazza, quartiere San Siro in Milano, di questi tempi, contro una squadra che non segna in casa da una vita, modesta e poco combattiva come il Milan attuale, un sodalizio che di glorioso ha soltanto più il nome, non è certamente un’impresa epica da celebrare con trionfalismi del tutto fuori luogo.

Fa piacere, certo, per ragioni d’opportunità strettamente connesse alla classifica, ma la notizia vera sarebbe stata costituita dalla mancata raccolta del bottino pieno; a onta della letteratura tesa a raccontare che in certe partite i valori si azzerano e della retorica spesa dai commentatori di regime per non dispiacere ad alcuno.

La Juventus “meneghina”, giudiziosa perfino oltre il dovuto, ha palesato minor svagatezza rispetto alle precedenti esibizioni e il solito atteggiamento improntato a un prudente controllo delle operazioni, volto principalmente a ingabbiare l’unica fonte di gioco dei rossoneri: quel Suso che Evra seppe trasformare in Garrincha e alla cui sterilizzazione è stata sacrificata tutta la corsia mancina del rettangolo verde, giacché, fatta salva l’incursione di Asamoah dalla quale è poi scaturita la rete del raddoppio, su quel versante i milanisti hanno dormito sonni tranquilli.

Cionondimeno, qualche rischio, e pure grosso, è stato corso. Alla fine, poiché come sempre conta mettere la palla in buca, la differenza è stata tracciata dalla diversa caratura delle opposte punte di diamante e Kalinić, purtroppo per lui e chi lo foraggia, sta a Higuain come questi a Cristiano Ronaldo…

Anche i peana e fescennini in corso d’elevazione per la doppia marcatura di Gonzalo Gerardo, bomber delle piccole occasioni e giocatore che entra in forma in ritardo, sono decisamente spropositati. È stato indubbiamente el hombre del partido e miglior giocatore in campo, ma osannarlo oltre misura per questo non gli rende onore, dato che l’attaccante franco-argentino, pur avendo vinto in una sola occasione la classifica dei cannonieri, in SerieA è sempre stato assai prolifico, segnatamente contro le formazioni di medio-basso livello. Inoltre, fattore non trascurabile, pare che sia appunto pagato per quello…

Vittoria meritata, comunque, al netto di una fase offensiva completamente votata all’improvvisazione dei più talentuosi, che nella fattispecie hanno prodotto pochino e impegnato ancor meno un Donnarumma dal crine inguardabile. 

Buona la prova di Rugani, che denota segnali di crescente determinazione, da non confondere con la cattiveria, una caratteristica che non sarà mai sua e pure quella di Cuadrado, in costante miglioramento e ormai prossimo a meritarsi l’appellativo di bustrofedico. Opaca, invece, l’esibizione di Khedira, che probabilmente risulta sempre più convincente osservato dal vivo, anziché attraverso la mediazione del piccolo schermo, ma l’impressione, netta, è che la disputa di gare troppo ravvicinate non gli appartenga più, e non da ieri.

Ultimo, ma non meno saliente riscontro, la totale bocciatura del mercato estivo, e non è la prima volta, in ordine alla formazione iniziale.

Quanto al campionato nella sua generalità, la sensazione, stante la devastante mediocrità di ogni squadra dal sesto posto a scendere, è che verrà deciso dagli andamenti degli scontri diretti e che occorrerà superare, per vincerlo, la soglia della paura, quella che fa novanta.

I conti sono presto fatti: se Madama confermerà ogni dieci partite il rastrellamento di venticinque punti, comincerà le ultime otto dalla base di settantacinque e sarà chiamata a metterne insieme poco più di una quindicina sui rimanenti ventiquattro a disposizione. Ampiamente fattibile.

Se non accadrà, i suoi demeriti saranno abbondantemente superiori ai meriti di chi si fregerà del titolo di campione d’Italia.

Augh.

Ezio MALETTO